mercoledì 16 maggio 2007

Il valore dell'Arte

E' ancora vibrante nella sua mano, nel corpo, negli occhi, e rimane sospesa. Lui, catatonico sul primo violino, aspetta la sua dissolvenza in bilico senza cadere. Oltre.
La provincia applaude vigorosa, ma lui non può sentirla. Si piega, i capelli scarmigliati e riottosi sulla fronte, in una riverenza silenziosa. Ha reso se stesso ancora -uomo vivente e artista postumo. Ancora ha percepito di aver fortemente ritratto ciò che fortissimamente ha sentito. Contrito e pago si perde nel buio del retroscenio.
E' sul gorgoglio di questo rivo strozzato, sulle contorsioni della foglia riarsa nella calura insostenibile del meriggio, sui gemiti del cavallo stramazzato -l'osare ascoso e bollente dell'Artista. Con volto ridente e febbricitante annega fino a nientificarsi nell'atto impetuoso della creazione che nel suo principiare scarnificato ed essenziale si cristallizza per poi frangersi inesorabilmente.
Egli delinea -agghiacciante- il profilo di un Saul crocifissosi sul suo monumento nel brulicare malinconico dell'agorà riunita. Morire o morire: ego e alter ego in una dolce ecatombe; l'infinita vanità del tutto che è anelito di onnipotenza, ovvero di incolmabile debolezza che sogna il tutto perchè è nulla. Un autoritario voler essere Dio, poichè non abbastanza io.
Li vede. Pulsano nella carne essere e non essere. Aritmia psicopatica dell'inconscio. No. -Essere- genuflessi alle funi ridondanti dell'avere (e avere nulla). Solo la siepe dinanzi e lo stare impietoso.
Non un sentore di temperie, nulla che li nobiliti o che li tormenti, una cosmica messa funebre piuttosto. E perchè, alla fine, non si precipiti nel baratro senza fondo del tedio, ci armiamo di ferro medievale, in una zelante e disforica tanatofilia.
Non è lo sterile, apollineo automatismo a redimere l'uomo, ma la coscienza erica del dolore, il quale sempre esiste, ma contorcendosi a-dialetticamente, non trova la sua agnizione. L'artista è oltre.